Strawberry Fields Forever by Glunk


tanto lo sai chi sono dice il 14/1/2004 alle 01:07 ID= 111

Cristo Santo! Cecco!
O ti debbo chiamare Esimio Professore? Sì perché io non me la sono mica bevuta, già, ti conosco perfin nei rialzi protesici ortopedici delle tue scarpe. Ah, proprio bella la finzione letteraria, sei sempre stato un “maghetto” nell’inventare incipit. Il professor Tzvetan Paperasserie… lo scienziato santone Lin Tse-hsu… no, non me la sono di certo bevuta, io.
No, al tuo vecchio compagno di banco proprio non la fai!
Ma che mi ti combini? Tu, rincantucciato in fondo a quell’aula grande e triste del Liceo Newton di Spleentown, sempre con quei capelli scombiccherati, a bella mostra dello scombiccheramento mentale e, peraltro, lo debbo riconoscere, geniale… del tuo immodesto essere. Immerso in vecchi libroni dall’inconfondibile odore di ammoniaca, già, te lo ricordi? Al prestigioso Newton ripulivano tutto con stracci imbevuti d’ammoniaca. Un olezzo che ci scortava per le vie della città fino a casa, che neppure i gatti o i cani randagi ci potevano avvicinare da tanto che stimolavamo vomito viscerale.
Guarda che non me l’aspettavo – no, dico - da te proprio no. E sì che, a pensarci bene, tu, il primo della classe… solo tu potevi ingegnarti di aprire il forziere nascosto della mente, tanto da mostrare al mondo i labirintici tuoi meandri. Un filone d’oro di miliardi di sinapsi, racchiuse nel prezioso forte Knox del tuo immane e poderoso cervello. A memoria della storia di un’umanità intera!
Che se avessero scavato nella mia, di memoria, avrebbero udito un rimbombo pari a una biglia d’acciaio che rotola in un barattolo vuoto.
Francesco Mesezzi. Cecco per gli amici. E sei diventato Szem! Il Lino Tesenti detto Ussaro, quello grande e grosso che dormiva sempre, e l’hai fatto diventare Lin Tse-hsu! Il venetaccio Teodoro Vetan, sempre al primo banco per risparmiare i soldi degli occhiali, soprannominato Paperone per la sua avarizia (non ci ha mai offerto neppure un muccio di sigaretta quel bastardo), ora è nientepopodimenoche Tzvetan Paperasserie!
Ma le sorprese non erano finite, e l’ho capito subito. Dài Cecco, ma chi volevi che la bevesse? Di certo non io, il tuo fedele compagno di banco Rodolfo Mausoleo.
Ma pensa come mi sarebbe stato bene, che so, essere chiamato Rudy Pantheon …, se tu mi avessi affibbiato anche solo una particina, nel tuo già mitico romanzone d’autore (a proposito, dopo di te, "Guerra e Pace" è diventata una soap opera).
Dicevo che io, a pagina venticinque, avevo già capito tutto.
Arahatta, Bikkhu, Dukkha, Samatha … il tuo desiderio di Assoluto (pur non avendoci mai creduto realmente) ti ha tradito. Ti sei fatto Uno e Trino. Tu, Francesco Szem, alias Mesezzi, hai inventato una lunga e paradossale storia per farci stare dentro tutto, ma dico proprio tutto quello che sai e che sei, con la complicità (dico solo teorica, perché i nostri vecchi compagni neppure lo sanno) del Tesenti e del Vetan. Ma rob de matt!
E così ci sei riuscito, vero? D’altronde a scuola eri il primo della classe. Te la ricordi la Prof. Lorenzini? Diceva sempre: “Il Mesezzi, con la sua intelligenza, diventerà qualcuno! Imparate da lui, asini perditempo che non siete altro!)
E lui, il Mesezzi, chiedo scusa, lo Szem, ce l’ha fatta! Ce l’ha fatta vedere a tutti, a noialtri asini e perditempo, di che pasta era fatto! Ma pensa se la vecchia megera sapesse che son diventato architetto e lavoro in Comune! Già sento la sua voce gracchiarmi indisponente nelle orecchie: “Mausoleo! Mausoleo! Con il cognome che ti ritrovi, solo nel dipartimento cimiteriale potevi trovare lavoro! Altro che architetto! Asino perditempo che non sei altro!”
E bravo Cecco!
Ma quante cose che hai imparato. A me m’han dato il sei politico, e poi gli esami di gruppo, con quel bischero del prof di Analisi Matematica, che Dio lo conservi beato, murato vivo nello sgabuzzino della Facoltà, ma tu… sei un laureatone sei! Altro che centodieci e lode, centododici dovevano darti, dico centododici!
Da Newton, passando per Caino e Gesummaria: psicologia applicata alla storia, storia applicata alla filosofia, geografia del paesaggio umano interiore, e la pia Elvina? E il tuo stramaledetto desiderio d’Assoluto? Persino di Dio sei riuscito a scrivere, tu, ateo miscredente! Insomma hai scritto un capolavoro della coscienza incosciente, se mi permetti un bisticcio di parole. E se è vero, come è vero, che noi siamo il prodotto di tutte le genti che hanno vissuto prima di noi, tu sei il degno erede della storia umana e del pensiero tutto. Sei il nuovo Adamo della cultura! (No, non sto esagerando, e non è perché mi regalavi sempre la merenda alla ricreazione, no, il mio intento ha impulsi di ben più alto valore.) Sei lo Sherlock Holmes dell’anima! Un indagatore intelligente e attento dei (mal)costumi che ci avvolgono (dico meglio travolgono) e caratterizzano questo scampolo di secolo (a proposito, ricordati che il nuovo millennio inizierà il primo gennaio duemilaeuno, e che fino a tutto l’anno duemila saremo ancora nel vecchio millennio! Superficiali arroganti e zotici che non sono altro, intellettuali da marketing dei miei stivali! Migliaia di pagine patinate, tirate a lucido da beceri insetti che pullulano nutrendosi dell’ignoranza altrui.)
Dài Cecco, sei un Dio! Con quel po’ di casino che hai fatto! Rovesciare sui tavoli dei dotti signoroni intellettuali, tutto quel po’ po’ di scibile umano… ma dimmi, dimmi, quella tua fissazione per quel tal romanzaccio, ma si, come si chiamava, che me ne leggevi sempre dei brani, mentre io mi ungevo le mani, a casa tua, con quell’ottimo salame buono di tua madre (non ne ho più mangiato di così buono e saporito da allora), dicevo quel tal librone…ah, ecco: “La vita e le opinioni di Tristan Shandy gentiluomo” di quello Sterno o Sterni o Stwerne o vattelapesca come si chiamava, dicevo appunto, ma quanto ha inciso nel tuo romanzone d’autore? Si perché mentre leggevo la tua splendida opera, era come udire la tua voce durante la ricreazione: stessa ironia sarcastica, stessa acutezza di pensiero. Insomma, sei un po’ come il tenente Colombo, se mi passi la leggerezza, che sembra un gran tontolone ma poi, a furia di chiedersi il perché delle cose, ridendo e scherzando, tira fuori delle sacrosante verità, sparandotele in faccia tra l’usco e il brusco, che tu rimani proprio, se mi passi la leggerezza, di cacca, da tanto che sei estasiato e riconoscente che esiste un tipo così intelligente e acuto che ti svela le verità nascoste del nostro.
Beh, forse ora ti starò annoiando, con queste mie inconcludenti riflessioni sui tuoi scritti. Sai che non sono mai stato un gran letterato, e che l’unico mio merito è stato quello di ascoltarti durante la ricreazione, mentre tu mi parlavi e io mangiavo la tua merenda. Orbene.
Ciao Bracazuppa! Brindo al frutto ingegnoso della tua immarcescibile opera, nell’attesa del tuo prossimo capolavoro, dove magari ci sarà posto per un mite servitore, tale Rudy Pantheon, pronto ad aprire i cancelli serrati del suo umile, ma imprevedibile, cervello. Ciao mio letterato, ciao mio caro amico e Professore stimato.


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